Il Tarantismo
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Fig.1 - Uomini e donne durante la raccolta
del grano |
È difficile per chi vive nel Salento non aver sentito
parlare, almeno una volta, delle "tarantate", donne
di un tempo, neppure troppo lontano, che durante la stagione estiva,
nei giorni del raccolto (fig. 1), curve in due
sulle ginocchia, venivano "pizzicate" dal ragno, dalla
taranta.
E con il morso la crisi: forti dolori addominali, sensazione di
spossatezza, necessità di restare a letto. Fino a quando
qualcuno non riconosceva l'origine del male e ne indicava la cura:
bisognava chiamare l'orchestrina, suonare e indurre la malata
a "ballare". Cominciava, in un crescendo di percussioni
e di suoni, la danza della malcapitata (fig.
2), al suolo e in piedi, strisciando, mimando l'andatura del ragno,
roteando il capo, tentando di arrampicarsi sulle pareti; e così
per un giorno, o anche più. La crisi si ripeteva per anni,
per molti anni, durante la bella stagione, preceduta dagli identici
sintomi, liberata attraverso la danza ossessiva, in attesa del
suo ritorno, 12 mesi più tardi.
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Fig.2 - Tarantolata |
Ne hanno scritto uomini di scienza, antropologi ed etnologi,
ne hanno ricercato le cause, descritto i gesti, interpretato i
segni. Di certo si è stabilito che non esiste in Puglia
alcun ragno in grado di provocare quei sintomi; le cause del tarantismo
vanno ricercate altrove. Innanzitutto, nella cultura di una terra,
la Puglia, da sempre crocevia di popoli, di storia, mediterranea
per natura sua propria, terra di sole e di sofferenza, di antichi
riti tribali e di simboli pagani mai dimenticati. "Terra
di mezzo" e come tutte le terre di mezzo magica e sacra.
Il ragno diventa l'espediente, il segno, la forza scatenante di
una sofferenza più profonda, repressa, mai vinta: la sofferenza
di chi lavora la terra, di individui ai margini del vivere sociale,
che nel ragno e nel ballo trovano l'unica occasione per porsi
al centro dell'attenzione, per dar libero sfogo alle frustrazioni
di un anno.
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Fig.3 - Il pozzo nella Chiesa di San Paolo |
Non a caso la taranta preferisce le donne, emarginate fra gli
emarginati, vittime di una società patriarcale e contadina
che le relegava in un ruolo subalterno ed oscuro.
Rivincita mitica, dunque; capovolgimento delle regole quotidiane,
come un tempo il carnevale o i misteri del medioevo. Per un giorno
è possibile impazzire, ballare.
Ma non basta; chi ha visto una di queste donne ballare, sa che
la frenesia è reale, sconvolge, dilania; la cultura non
può da sola spiegare il malessere profondo, esaurirne le
cause.
Le tarantate, nuove menadi di Puglia, aprono uno spiraglio su
simbolismi ancora più arcani.
Da sempre il serpente, il ragno ed altri animali striscianti
sono simboli sessuali; ricordi di una società matriarcale,
poi vinta da invasori che portavano nuove immagini e nuove divinità.
Apollo che sconfigge il serpente Pitone, Indra che si sbarazza
di Vrtra, Iahweh che vince il Leviatano, lo stesso Dio cristiano
che condanna il serpente segnano il trionfo di una ideologia solare,
del maschile sul femminile.
Il ragno è l'idea della terra madre che riaffiora, è
la forza di simboli e rituali antichi, non vinti dal Cristianesimo
e dalla ragione.
Già nel '700 la Chiesa tentava di dare una coloritura cristiana
al tarantismo; oggi, ogni 28 e 29 giugno i tarantati salentini
(in numero sempre minore) sono "costretti" a ripetere
la loro danza il giorno di
San Paolo (fig. 3),
all'interno della chiesa di Galatina.
Chiedono la grazia al santo, ed alla fine della frenetica danza,
sperano che l'anno successivo non debbano più ballare.
Ma San Paolo, legato per mille strade ai serpenti ed ai ragni,
viene dopo: è un'aggiunta cristiana.
In origine c'è il morso della taranta, il ballo, il tamburo,
cerchio mitico simbolo dello spazio sacro; in origine ci sono
la terra e la psiche; e ricordi ancestrali, che ciascuno di noi
si porta dentro.
a cura di E.S.
Bibliografia:
DE MARTINO Sud e Magia,
DE MARTINO La terra del rimorso,
CHIRIATTI Morso d'amore,
CAMPBELL Mitologia accidentale.