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Grecia Salentina: La Grecìa Salentina
La Grecìa Salentina Origini e Storia Rito Religioso La Lingua Grika
Usi e Costumi Personaggi I Paesi

LA GRECìA SALENTINA

L'area geografica comunemente definita Grecia salentina è costituita dai territori di undici comuni - Calimera, Martano, Martignano, Sternatia, Zollino, Soleto, Corigliano, Melpignano, Carpignano Salentino, Cutrofiano e Castrignano dei Greci tutti siti su una piana lievemente ondulata posta al centro della penisola salentina, sulla strada che congiunge Gallipoli a Otranto. Si tratta del relitto di un'area più vasta dove l'uso della lingua greca, o meglio di un dialetto neogreco, non è mai stato abbandonato.
La lingua è stata ed è l'elemento di identificazione di una complessa realtà storico-antropologica: per secoli, in parte del territorio salentino - che, grazie all'isolamento geografico, ha conservato nella lingua arcaiche forme lessicali greche sono sopravvissuti anche riti religiosi, usi, costumi e credenze, spesso al confine con la superstizione. Un universo dal carattere conservativo la cui lingua tramanda alcune forme lessicali arcaiche ritenute da alcuni studiosi prove che rivelano l'origine magno greca delle colonie griche salentine.
Eppure non è da dimenticare e sottovalutare l'apporto della più tarda colonizzazione romana, le cui tracce sono evidenti nell'organizzazione del territorio, disegnato ancora oggi dal sistema della centuriatio. Limitarsi alle tradizioni linguistiche per definire, anche storicamente, i limiti spaziali e cronologici della Grecia salentina è dunque erroneo e riduttivo. L'area ellefona esistente (i nove comuni) e quella estinta (da Gallipoli alle zone a nord di Otranto) esibiscono una serie di testimonianze le cui caratteristiche intrinseche contribuiscono a delineare una identità espressiva complessa. Da un lato i codici manoscritti e miniati in lingua greca - provenienti dagli scriptonia locali (Soleto, Corigliano, Melpignano e Sternatia) e ora dispersi nelle principali biblioteche europee hanno reso possibile la trasmissione della cultura classica ellenistica, dall'altro il fenomeno delle cripte rupestri (come le cripte di S. Pietro e dello Spirito Santo a Sternatia e la cripta di S. Onofrio a Castrignano) raccontano le tradizioni religiose delle piccole comunità bizantine, l'evoluzione del culto dal rito greco a quello latino (tra il XVI e il XVII secolo) e lo sviluppo dell'iconografia artistica.

LE IMPRONTE ORIENTALI 
 
E ancora, l'area conserva alcune espressioni artistiche, sempre legate al carattere grico, tra le più significative del medioevo meridionale. A Soleto, ritenuto il più importante centro di cultura grica, tra il XIV e il XV secolo l'orgogliosa comunità di rito greco innalzò la celebre chiesa di S. Stefano che, dietro la facciata monocuspidata sormontata da un campanile a vela e ornata da un portale e da un rosone finemente scolpiti, cela un interno tutto affrescato. Protagonisti delle pitture parietali e absidali, sempre accompagnate da scritte esegetiche in caratteri greci, sono Cristo e S. Stefano, le cui storie sono narrate con una inconfondibile impronta orientale. Diversamente, nel Giudizio Universale è evidente il carattere di compromesso tra cultura greca e latina, attribuibile all'intervento dei frescanti che nei primi decenni del XV secolo dipinsero anche la chiesa di S. Caterina d'Alessandria nel vicinissimo centro di Galatina. Quasi contemporaneamente, nel 1397, sempre a Soleto veniva innalzata l'alta mole (40 metri) della guglia di Raimondello, che per l'arditezza costruttiva e l'ingente impegno finanziario che ne seguì fu considerata un atto di imposizione della cultura latina a una comunità profondamente ancorata alla tradizione bizantina. Tanto è vero che nacque la leggenda che l'opera fosse stata innalzata nell'arco di una notte dal demonio, coadiuvato dal mago-filosofo Matteo Tafuri (1492-1584), un personaggio realmente vissuto a Soleto e incappato nei rigori dell'Inquisizione romana. Oggi gran parte delle testimonianze monumentali della civiltà grica sono scomparse: basti pensare che a Soleto c'erano nel Cinquecento più di trenta luoghi di culto. Ma la loro esistenza passata è riconoscibile nell'architettura successiva dei secoli XVI e XVII, sia essa popolare - come la casa a corte contadina che caratterizza interi brani del tessuto residenziale dei centri grichi e soprattutto di Martano e Calmiera - o colta. Quest'ultima si caratterizza per la semplicità dei volumi, per la presenza di un apparato decorativo sobrio e concentrato in punti focali, per la grande sapienza costruttiva che ha reso celebri in tutta la Puglia le maestranze locali e soprattutto quelle di Muro Leccese, abili nell'impiego delle pietre del luogo. Per secoli i committenti fecero incidere su architravi, colonne e balconi iscrizioni umanistiche in greco e latino, del tutto simili a quelle votive affrescate sulle pareti delle cripte medievali.

LA LEZIONE BAROCCA 
 
Il principale monumento del primo Cinquecento è il castello di Corigliano, possente mole quadrangolare munita di torrioni decorati con raffinatissimi rilievi: espressione artistica tutta latina che segue di poco il famoso Arco Luchetti (1497) che, nella finissima e a tratti ingenua decorazione, si propone come prova di "resistenza" della cultura locale. Lo stesso castello fu rimaneggiato nel 1667 con l'invenzione di una facciata dalla verbosità tutta barocca e dal simbolismo prettamente spagnolo, in onore al nuovo potere. E cinquecentesche sono pure le parrocchiali di Corigliano (1573) con l'attigua torre campanaria derivata dal modello di Soleto, e quelle di Martignano (1541), Martano (1596) e Melpignano. Lungo sarebbe l'elenco delle piccole residenze aristocratiche che interrompono all'improvviso, con straordinari "pezzi" architettonici, il tessuto residenziale si possono tacere alcune architetture barocche, opera di maestranze griche che seppero recuperare dalla tradizione architettonica locale motivi decorativi da reinterpretare. Come a Martano, dove si segnalano il prospetto del castello, la chiesa dell'Immacolata in piazza, le cappelle della Madonnella e degli Angeli e ancora il rococò palazzo Pino, nel cui stemma nobiliare è incisa una iscrizione in caratteri greci che racconta di un amore perduto. A Martignano singolare è la cappella di S. Giovanni Battista (1621), interamente affrescata all'interno come la cripta di S. Stefano a Soleto, e interessante appare il palazzo Pasca, dove il balcone soprastante il portale è sorretto da mensole figurate. Il Settecento è il secolo emblematico dell'architettura di Sternatia: qui la parrocchiale del 1711 ripropone un campanile modellato, a distanza di tre secoli, su quello di Soleto, e il palazzouna fronte di composizione equilibrata. A Melpignano gli interventi barocchi riguardarono il castello aragonese, dotato nel 1636 di una lunga e sobria facciata, e la chiesa degli Agostiiani, uno dei monumenti più celebri del barocco salentino: il prospetto fu disegnato da Giuseppe Zimbalo, ma eseguito da maestranze locali. Ma è a Castrignano - il cui castello cinquecentesco fu rimaneggiato in forme barocche nel XVIII secolo, nello stesso periodo in cui veniva eretta la cappella dell'Immacolata -che si consuma la stagione greca quando a decorare la nuova parrocchiale neoclassica viene chiamato nel 1892 il pittore foggiano Saverio Altamura: è il segno più eloquente che l'identità culturale dell'area grica è inevitabilmente perduta.

A chi voglia approfondire la conoscenza della Grecìa Salentina, dei suoi costumi, della sua gente, dei suoi riti, consigliamo di consultare l'apposita sezione di questo portale (Grecìa Salentina)


Tratto da Lecce e il Salento-Touring Club Italiano

 
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